Il giuramento di Ippocrate è quel giuramento che ogni medico è obbligato a prestare prima di iniziare ad esercitare la professione. Prende il nome da Ippocrate, il medico più rispettato della Grecia e il padre della medicina che lo lasciò in eredità ai futuri medici. La data esatta di composizione non è definita però non venne fatto risalire a prima del IV secolo a.C. In alcune scuole di medicina ancora oggi è tradizione che gli studenti pronuncino il giuramento al momento della laurea. Cosa comporta questo giuramento e perché è così importante?
Il giuramento di Ippocrate
Al giorno d’oggi, se si infrange il giuramento di Ippocrate, non si infrange la legge. Il giuramento, tuttavia, rimane importante per l’esercizio della medicina, tanto che se violato comporterebbe una forma di negligenza. Violare la privacy del paziente non è solo una violazione del giuramento di Ippocrate, ma anche, più recentemente, una violazione del GDPR. Al tempo di Ippocrate, se qualcuno infrangeva il giuramento, oltre a numerose sanzioni, perdeva anche il diritto di esercitare la professione. Il giuramento parla della dignità della persona malata e del rispetto che bisogna avere nei confronti della sua vita, della diligenza nell’esercitare la professione e dei doveri che ogni medico deve rispettare.
Al termine dei loro anni di studio, i laureati delle facoltà di medicina prestano il giuramento di Ippocrate al termine dei festeggiamenti per la laurea universitaria. Questa era la versione originale del giuramento che Ippocrate chiedeva di pronunciare davanti ad Apollo, dio della medicina:
«Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per gli dèi tutti e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto.
Di stimare il mio maestro di questa arte come mio padre e di vivere insieme a lui e di soccorrerlo se ha bisogno e che considererò i suoi figli come fratelli e insegnerò quest’arte, se essi desiderano apprenderla; di rendere partecipi dei precetti e degli insegnamenti orali e di ogni altra dottrina i miei figli e i figli del mio maestro e gli allievi legati da un contratto e vincolati dal giuramento del medico, ma nessun altro.
Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e offesa.
Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo.
Con innocenza e purezza io custodirò la mia vita e la mia arte.
Non opererò coloro che soffrono del male della pietra, ma mi ritirerò in favore di uomini che si dedicano di questa pratica.
In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l’altro da ogni atto libidinoso sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi.
Tacerò tutto ciò che io possa vedere o sentire durante il mio esercizio o anche fuori dall’esercizio sulla vita degli uomini, tutto ciò che non deve essere divulgato al di fuori [del rapporto con il paziente], ritenendo tali cose essere segrete.
E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell’arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro.»
Il nuovo giuramento di Ippocrate
Esiste anche una versione moderna del giuramento adottata il 13 giugno 2014 dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri:
«Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro:
- di esercitare la medicina in autonomia di giudizio e responsabilità di comportamento contrastando ogni indebito condizionamento che limiti la libertà e l’indipendenza della professione;
- di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica, il trattamento del dolore e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della dignità e libertà della persona cui con costante impegno scientifico, culturale e sociale ispirerò ogni mio atto professionale;
- di curare ogni paziente con scrupolo e impegno, senza discriminazione alcuna, promuovendo l’eliminazione di ogni forma di diseguaglianza nella tutela della salute;
- di non compiere mai atti finalizzati a provocare la morte;
- di non intraprendere né insistere in procedure diagnostiche e interventi terapeutici clinicamente inappropriati ed eticamente non proporzionati, senza mai abbandonare la cura del malato;
- di perseguire con la persona assistita una relazione di cura fondata sulla fiducia e sul rispetto dei valori e dei diritti di ciascuno e su un’informazione, preliminare al consenso, comprensibile e completa;
- di attenermi ai principi morali di umanità e solidarietà nonché a quelli civili di rispetto dell’autonomia della persona;
- di mettere le mie conoscenze a disposizione del progresso della medicina, fondato sul rigore etico e scientifico della ricerca, i cui fini sono la tutela della salute e della vita;
- di affidare la mia reputazione professionale alle mie competenze e al rispetto delle regole deontologiche e di evitare, anche al di fuori dell’esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il decoro e la dignità della professione;
- di ispirare la soluzione di ogni divergenza di opinioni al reciproco rispetto;
- di rispettare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su tutto ciò che mi è confidato, che osservo o che ho osservato, inteso o intuito nella mia professione o in ragione del mio stato o ufficio;
- di prestare assistenza d’urgenza a chi ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell’autorità competente
- di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della professione.»