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sabato, Luglio 27, 2024

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Perché si dice “scemo di guerra”?

L’espressione viene usata solitamente quando ci rivolgiamo a qualcuno che riteniamo poco intelligente. La storia di questo modo di dire, ha radici molto dolorose e riguarda le sofferenze e le conseguenze che i soldati si sono riportati per il resto della loro vita, dopo la Grande guerra.

L’origine risale alla Prima Guerra Mondiale, quando i soldati proveniente dal fronte di combattimento, erano sotto shock e con gravi disturbi mentali, a causa degli orrori che avevano vissuto nelle trincee per via dei bombardamenti, trauma che li ha segnati per sempre.

Queste persone risultavano incurabili, uomini muti che non parlavano e non camminavano più, con lo sguardo perso nel vuoto, che non erano in grado di intendere e di volere, capaci di mangiare qualunque cosa gli capitasse, anche cenere, immondizia o terra. Essi venivano rinchiusi in manicomi dove i medici tentavano, con metodi paragonabili a vere e proprie torture, effettuatati con forti scosse elettriche, di riportarli alla normalità. La gente iniziò a chiamarli con un termine inappropriato ed ingiusto: “scemi di guerra”.

Shell shock: che cos’è?

Queste manifestazioni cliniche hanno suscitato l’interesse degli psichiatri, categoria medica che fu riconosciuta nel 1872, grazie all’istituzione delle Cliniche per malati mentali, ovvero i manicomi. Il disturbo dei soldati tornati dal fronte venne definito con il termine inglese, shell shock (shock da bombardamento), o disturbo da stress post-traumatico, come lo chiameremmo oggi.

Inizialmente venne confermato che le lesioni celebrali fossero provocate dal frastuono dei bombardamenti, successivamente però questa teoria venne sabotata da un concetto medico che voleva attribuire al disturbo post-traumatico tutta un’altra causa.

Questo succedeva soprattutto nel nostro Paese, dove il servizio di leva era obbligatorio. Pertanto non si voleva attribuire alla guerra i disturbi psichici con i quali i soldati tornavano dal fronte. L’argomento riguardante i traumi conseguenti alla Grande guerra fu un capito chiuso e rimosso. Il modo di dire però rimase e diventò parte del lessico popolare.

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